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Teoria del colore: l’occhio umano e la visione del colore

Il nostro sistema sensoriale principale e più utilizzato è senza dubbio la vista. Attraverso gli occhi è possibile percepire gli stimoli luminosi e, quindi, la figura, il colore, le misure e la posizione degli oggetti. Si calcola che circa il 70 % delle informazioni che inviamo al nostro cervello provenga dal sistema visivo.

Come abbiamo accennato negli articoli precedenti, il colore è luce e la luce è la radiazione, compresa in un intervallo molto limitato dello spettro elettromagnetico, che l’occhio umano riesce a vedere (diversamente dalle radiazioni ultraviolette, l’infrarosso, i raggi X, i raggi Gamma, tra l’altro tutte molto pericolose…). L’occhio umano funziona un po’ come il nostro cellulare: riesce a catturare ed elaborare solo il segnale propagato dalle antenne (celle) nelle vicinanze, mentre ignora segnali con frequenze diverse (tipo radio, TV, satelliti).

L’occhio umano è particolarmente complesso e preciso: permette di riconoscere diverse tonalità di colore, si adatta alla variazione della luce ed è in grado di mettere a fuoco gli oggetti in pochissimi millesimi di secondo.

Come funziona il nostro occhio?

L’occhio riceve un fascio di raggi luminosi provenienti da ogni punto dell’oggetto; il fascio di luce entra attraverso la pupilla che regola la quantità di luce e di conseguenza la profondità di campo. E’ l’iride che si occupa di variare il diametro della pupilla da un minimo di 2mm (se c’è molta luce) a un massimo di 8mm (se c’è poca luce).  Il fascio di luce poi attraversa il cristallino che è una lente biconvessa, il quale concentra i raggi in una zona sulla retina formando l’immagine retinica dell’oggetto. Il cristallino è il responsabile della messa a fuoco dell’immagine e adatta automaticamente  la sua curvatura alla distanza dell’oggetto attraverso il processo di “accomodazione“: tutti gli oggetti a distanza maggiore di 6 metri sono visti con nitidezza, mentre per osservare oggetti a distanza minore di 6 metri i muscoli all’interno del corpo ciliare si contraggono aumentando il raggio di curvatura del cristallino che diviene sufficientemente convesso in modo da fornire, anche in questo caso, un’immagine nitida.

L’accomodazione dipende in larga misura dall’elasticità del cristallino e quindi dall’età: per questo col passare degli anni è necessario far ricorso agli occhiali per supplire a questa rigidità…


L’immagine impressa sulla retina appare capovolta e più piccola. La retina, che è la parte fotosensibile dell’occhio, si comporta come una pellicola fotografica adatta a ricevere impressioni. La retina è composta da due tipi di fotoricettori: i coni (6/7 milioni) e i bastoncelli (circa 110/120 milioni).

I coni sono sensibili alle forme ed ai colori e sono di tre tipi, che rispondono a particolari lunghezze d’onda nel campo della luce visibile. Questi fotorecettori, risultano rispettivamente sensibili ad uno stimolo di circa 420 nm (spettro del blu), 530 nm (verde) e 560 nm (rosso).

I bastoncelli consentono invece la visione in condizioni di scarsa luminosità (visione scotopica o crepuscolare), ma non la percezione cromatica quindi sono incapaci di distinguere i colori. Essi sono più attivi durante la visione notturna.

Coni e i bastoncelli contengono pigmenti che, per effetto delle radiazioni luminose, subiscono trasformazioni biochimiche dalle quali si origina l’impulso nervoso. Tale impulso viene trasmesso alle cellule della retina contigue fino ad arrivare a centri specializzati della corteccia cerebrale. Lavorando in sincronia, coni e bastoncelli garantiscono la visione perfetta.